Dripping Music /// CALISTA DIVINE – VACANTE

24 Febbraio, 2015

1526367_675549125850607_6441108433026039849_nAvete presente Jackson Pollock ? Proprio lui, il pittore; quello di cui segui una linea e ti trovi davanti a un grumo di colore che t’esplode in faccia. Oppure: vi sarà capitato di viaggiare in treno con lo sguardo fisso fuori dal finestrino. Il paesaggio corre talmente veloce da sembrare una linea continua, un po’ sfocata. A volte si sdoppia: se ne staccano macchie di colore che restano ferme per qualche istante. Poi si riassorbono, spariscono; apparentemente si riallineano, affondano per un po’.
Quindi riemergono. Ecco, la stessa sensazione la si prova ascoltando VACANTE, dei bolognesi CALISTA DIVINE. Si segue una linea sonora che salta all’orecchio, che suggestiona. Improvvisamente, il suono s’addensa, s’aggruma; poi esplode, come una macchia di colore di Pollock. E quasi c’assorda. Prendete, ad esempio, la bellissima linea di basso della title track, VACANTE:  ad un certo punto la sentite impastarsi con la batteria, fondersi con il battere della cassa. Poi arriva la chitarra, che gioca col riff, commenta. Il suono, allora, inizia a montare, si compatta; s’imbizzarrisce e s’impenna. Quindi, in un crescendo, esplode. Pausa. La chitarra prende a trillare, per un momento: riparte una nuova sottile linea. Avanza spedita, vibrando s’ingrossa: si forma un nuovo grumo di suono, che si gonfia; ed ancora una nuova esplosione.

Compattezza e dinamicità: queste le stelle polari dei CALISTA DIVINE. Compattezza non solo del suono, ma dell’intera architettura del disco.Una costruzione solida, questo VACANTE: ogni brano poggia sull’altro, si incastra e si compenetra: rappresenta, col suo carattere, un punto d’equilibrio nella struttura complessiva. Così, ad esempio, PERCEPTION WITHOUT OBJECT: DESERT o ABSTRACTION rappresentano dei momenti di sfogo del carico sonoro; gli orizzonti dove si addensano le nubi in attesa della prossima scarica sonora, della successiva tempesta post-rock.

Eppure ascolto dopo ascolto, brano dopo brano, se ne apprezzano le stratificazioni, scintillano le sfaccettature. Le linee sonore al loro interno si inseguono, si annodano, si compattano, si disgregano. Vengono proiettate ad altezze siderali da eruzioni improvvise; e ricadono lente, come fiocchi di neve, per ricostruire un nuovo armonioso tappeto sonoro. Come in ASTRAY, il brano di apertura dell’album: qui la purezza cristallina dell’attacco s’infrange all’improvviso contro un’onda compatta di pure potenza sonica; poi si frammenta di nuovo e viene pompata fuori in mille rivoli, che creano nuovi paesaggi sonori.

VACANTE è un’enorme organo che spinge la propria linfa sonora in una ramificata e intricata struttura di arterie, vene, capillari. Attraverso di essi si anima: si contrae e si espande, ritmicamente, come un gigantesco cuore di tenebra. Pulsando, si rende vivo: ci rende vivi, brano dopo brano, ascolto dopo ascolto. Ancora e ancora.


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