NAIS LIVE! // SONIC SUBSIDENCE @ PompeiLab (26_27-09)

30 Settembre, 2015

…si rendono necessarie continue depurazioni, ma non va buttato tutto, è necessario di volta in volta il supporto di qualcosa che faccia da filtro, e la sede del PompeiLab si presta come punto Rizomatico dell’assioma Uomo/Macchina: ex depuratore di fogne ora depuratore di idee al servizio dell’Uomo Nuovo”. Così recita la parte finale del manifesto del Sonic Subsidence di quest’anno, ed è proprio con l’aria del predatore e dell’avanguardista che le sere del 26 e 27 settembre mi son avviato verso Pompei. Il PompeiLab è un piccolo posto di resistenza sul territorio, mostra i segni della ricostruzione e della rinascita, della malinconia speranzosa che tiene insieme le cose, della vita che non nasce mai dai diamanti. Ed in questo contesto quasi gotico, di materia liquida, sono pronto a godermi un gran festival.


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Appena arrivo, il percorso luminoso mi propone tutte le installazioni: ci sono quelle di Dslak: Moppy (Music Floppy) che riproduce tramite il ronzio dei floppy le theme dei Pirati dei Caraibi, di Darth Vader ecc. (bel viaggione nelle MIDI quasi da Nokia 3310) e Meristema (già presente a Flussi, noto festival di arti digitali avellinese), pezzi di tronco d’albero al posto dei vinili che “suonano” e ci parlano; disegno l’infinito sullo schermo dell’installazione di Elettroshock e Kesson Dalef, faccio due salti nella Kitchen (anche questa presente quest’anno a Flussi) di Rino Petrozziello, per gioire di suoni e rumori della cucina, troppo spesso sottovalutati.


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Ma non c’è tempo, sullo stage si inizia subito forte con Plastic Penguin, in un set che ripropone perlopiù “Bande Dessinée” (Noisybeat, 2011), in un crescendo delicato che spiana la via al successivo Bop Singlayer, il livido Luca Affatato, fresco del nuovo lavoro “Self-Portrait” (Best Company, 2015), che si esibisce in una performance dissacrante e oscura allo stesso tempo. Se nella traccia Sospiro/Latenza richiama il noto film Suspiria di Dario Argento, Bop, al PompeiLab, con la sua coppola bianca e la sua camicia rossa hawaiana riesce a divertire con rimshot da ba-dum-tss, per poi calarci in una dimensione ethereal ambient che è distrutta dalla riproposta di urla horror confuse e strazianti.


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Alla fine è come lanciarsi da un dirupo. L’esibizione di Movedulation (progetto nato dall’incontro di Dslak e Claudio Attonito), purtroppo, per problemi tecnici, durerà solo pochi minuti. Il corpo sarebbe dovuto essere un “controller umano” capace di generare immagini e suoni semplicemente con il proprio movimento, in assoluta libertà e senza alcun vincolo spaziale. Ma al corpo non si comanda e al software neppure e allora si parte subito con Kalos, moniker di Calogero Aquilina, produttore e musicista nato in Sicilia e trasferitosi a Roma. Il suo è forse il set più interessante della serata. L’ultimo EP “Colour War” (Eklero Records, 2014) è un lavoro oscuro, enigmatico, una techno che non si abbandona mai al basso facile ma che continua imperterrita su una strada disseminata di angoscia; complici anche i visual, penso a quest’esistenza di obblighi e imposizioni. Ma, tutto sommato, ci lasciamo con un sorriso: nella sala interna c’è LKSMN, il barbone nevrotico (non a caso, qualche mese fa ha aperto, fra gli altri, Andy Stott all’Officina 99) che fa sbollire il pubblico coi suoi dischi. Inizialmente sono tutti seduti come in preghiera, due ragazzi si baciano alla destra della console, LKSMN gira su se stesso, qualcuno si alza, balla, fuori c’è un gatto bianco che mi chiede chi sono. Poco dopo vado via, già pronto per la serata successiva.


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 Il giorno dopo si inizia molto presto, alle 18 circa. Purtroppo non riesco ad assistere alle esibizioni di Francesco Tignola e Rino Petrozziello (lo stesso dell’installazione Kitchen) aka Errori in partitura, ma mi immagino set molto densi e dai suoni astratti. Il primo vanta live in mezza Europa e gestisce l’etichetta Joy De Vivre; il secondo ha appena stampato un ep, “UZI”, completamente autoprodotto, nella logica migliore del do it yourself. Lorenzo “Dirton” Orlando riesce invece ad affascinare il pubblico con la sua elettronica diretta ed efficace: vedo palme californiane stagliarsi davanti a me, per pochi momenti torna il caldo e la luce dell’estate. Più tardi mi dirà che al live era presente Adrian Maben, regista di “Pink Floyd: Live at Pompeii”, cittadino onorario di Pompei e suo amico di famiglia.


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Arriva poi il turno di The delay in the universal loop, progetto del ventenne campano Dylan Iuliano che ho già avuto il piacere di vedere a Flussi. I suoi synth, i suoi movimenti forsennati, i visual curati da alcuni suoi amici, rendono il suo set molto bello e coerente. L’ultimo disco “Split Consciousness” (uscito in CD/digitale/vinile per Moon Sounds Records e in cassetta per Dilated Time/Cemetery Sisters) suona molto maturo e d’impatto a ricordare artisti come Trust e Flume. Dylan cavalca lo stage del PompeiLab e si conferma una delle promesse migliori del panorama italiano.


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Subito dopo c’è Subion, progetto di Pier Mariconda e Nicola Virnicchi. A suonare c’è solo Mariconda che mostra la robusta muscolatura del loro primo 12’’ “ELIOGABALO” (Blackwater Label, 2015), l’imperatore che morì nella cloaca, in linea perfetta con la natura del PompeiLab “ex depuratore di fogne ora depuratore di idee al servizio dell’Uomo nuovo”; una techno oscura e ragionata che si fa ascoltare prima che ballare. Poco dopo le 11 c’è il sorpresone: Donato Dozzy e Retina sullo stage assieme. Una performance che sconvolge tutti: prendete il D.D. di “The aquaplano sessions” (Spectrum spools, 2014), aggiungeteci quello di “Voices from the lake” (Prologue, 2012), shakerate tutto con la cassa dei Retina di “De Occulta Philosophia Vol. 1” (Semantica Records, 2015) e avrete un’improvvisazione a 5 stelle: Lino Monaco, Nicola Buono e Donato Scaramuzzi diventano tre scienziati dell’occulto.


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Di lì a poco la luna diventerà rosso sangue e non è un caso. Il cerchio magico è finalmente compiuto, nella sala interna c’è Carmine Minichiello alias Gamino che riassesta gli animi e con fluidità dub riporta i cuori a battiti regolari. Poco dopo andiamo via, ringraziamo Lino per la serata, in macchina ho il nuovo LP di Mac de Marco “Another one” (Captured tracks, 2015) che mi cullerà lento verso l’autogrill più vicino.


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