Remmy in 10 Blue Questions

11 Luglio, 2016

Da poco è uscito Come il Mare d’Inverno,
12 tracce emotive, ricche di sensazioni liriche straordinarie!
Com’è nato e quanto lavoro c’è dietro?


CIMDI è nato per il bisogno di raccontarmi e raccontare un periodo particolare della mia vita, in cui si sono alternati alti e bassi in maniere talmente veloci e imprevedibili e fuggevoli che forse il vero motivo per cui l’ho scritto è che non vorrei mai dimenticarmene.
Il lavoro che c’è dietro è stato lungo e faticoso, soprattutto per via del mio perfezionismo: essendo una cosa così importante per me, non avrei mai permesso a me stesso di renderle omaggio con un lavoro che non mi soddisfacesse.



Come nasce un tuo brano? La tua scrittura, le tue idee?


Un mio brano nasce spesso senza una direzione precisa: raramente mi metto a scrivere sapendo dove voglio andare a parare. Magari ho delle vaghe idee in testa, oppure ho delle immagini che voglio trasformare in parole e cerco quelle più adatte per descriverle. Di norma, se non ho un argomento prefissato, mi lascio ispirare dal beat, mi accendo una sigaretta e lascio fluire quello che ho dentro.


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Quando ti sei innamorato per la prima volta dell’hip-hop?


Me lo ricordo come se fosse ieri: ero in gita con la scuola, una di quelle lunghe più giorni.
Avevamo un albergo e faceva freddissimo. Io facevo la prima media ma stavo sempre con un gruppetto di ragazzi di terza. Un pomeriggio, uno di loro mise un pezzo di Fabri Fibra dal cellullare, per la precisione “Io Non Ti Invidio”. Non avevo mai sentito nulla di simile, avevo sempre e solo ascoltato la musica che mi passava mia sorella più grande. Fu amore a primo ascolto, decisi in quel preciso momento che dovevo farlo anche io.



Qual è stato il tuo primo disco che hai assimilato,
che hai fatto tuo e che non dimenticherai più?


Decisamente Tora Ki di Raige. È stato il primo disco di rap che ho imparato a memoria.
Chi mi conosce sa bene quanto fossi innamorato di quelle canzoni. Ogni volta che se ne parla, ci tengo a specificare che ho imparato a rappare ascoltando Tora Ki. Ancora oggi mi fa un certo effetto riascoltarlo.



Raccontaci l’artwork del disco curato da Mistobosco con i tuoi occhi…
parliamo delle collaborazioni al microfono.


L’artwork di Mistobosco è semplicemente perfetto. Non le ho mai dato nessuna direttiva, è tutta farina del suo sacco ma ha centrato perfettamente l’idea che avevo per la copertina del mio disco. Penso che sia lo specchio del mio disco: una copertina minimale per un contenuto personale, sofferto e pesante.


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Soulcè, Hyst e Martina Platone…
c’è qualche aneddoto legato alla costruzione dei brani?
Aldilà del legame sound-lirico che vi lega perché proprio loro?


Ho scelto proprio loro perché ammiro quello che fanno e mi piace la loro musica.
Ero fan di Hyst e Soulcè da molto prima di collaborarci, e Martina mi ha folgorato con i video delle sue cover su facebook, non potevo non chiamarla nel disco. Lo stesso vale per tutti gli altri artisti presenti nel disco, come per esempio MRB che è uno dei miei rapper preferiti.



Una foto che racchiude i tuoi essentials?


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Cos’è cambiato per te,
tra i progetti precedenti e questo disco?


Sicuramente sono cresciuto.
Oltre che dal punto di vista artistico, intendo proprio come persona.
Ho fatto esperienze e avuto modo di vivere situazioni che prima non avevo mai affrontato e che mi hanno cambiato, ed essendo la mia scrittura votata all’introspezione e quindi al parlare di me soprattutto, ne viene influenzata per forza di cose.


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Secondo te l’hip-hop, il rap,
che direzione stanno prendendo rispetto al passato?


Non saprei dire, io sono legato ad un certo tipo di rap e molta della musica nuova che esce in questo periodo mi fa storcere il naso. Non sono un purista, affatto, apprezzo il rap diverso dal mio se è fatto bene, e fortunatamente di artisti validi ne esistono tanti. L’unico vero problema, a mio parere, è il pubblico che è diseducato e non riesce a differenziare le porcherie dalla musica fatta bene per davvero. Che non dev’essere per forza la mia, sia chiaro.


Un artista con cui vorresti collaborare sia italiano o americano?
un produttore in particolare?


Ho tanti sogni nel cassetto. Mi piacerebbe tanto collaborare con Ghemon, per questioni affettive e di stima artistica.
Ma anche con Nitro, per esempio. Tra i produttori, mi sembra scontato dire che è da quando ero un ragazzino che vorrei rappare su un beat di Dj Shocca e sentire la tag “Unlimited Struggle” prima della mia strofa.



Quali sono le tue influenze sonore o d’ispirazione
che ti hanno portato a ciò che sei ora?


Come detto, prima di scoprire il rap ascoltavo la stessa musica che ascoltava mia sorella, forse anche perché ero troppo piccolo o troppo disinteressato per farmi un’idea o un gusto personale. Quindi sono cresciuto a suon di Subsonica, di Linkin Park e di cantautori e musica leggera italiana.
Poi chiaramente ho sviluppato i miei interessi e tra le mie influenze musicali prettamente rap ci sono Raige, Bassi Maestro, Ghemon e tutti gli artisti di Blue Nox e Unlimited Struggle, ma anche Noyz Narcos, i Club Dogo e soprattutto Marracash.


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Ci lasceresti con un brano per la nostra rubrica Track Of The Day?




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