/// MICK HARVEY TRIO live @ Giardini di Villa di Marzo, AV (29-07) ///

29 Luglio, 2015

Iniziamo così, dall’immaginazione di un grande regista. La scena si svolge in affollato locale berlinese: gente che balla, una band dal sound ipnotico, tagliente e ossessivo si esibisce sul palco. In disparte, un angelo, con la faccia antica di Bruno Ganz, osserva la scena assorto, pensieroso. La pellicola è Der Himmel über Berlin. L’immaginazione quella di Wim Wenders. La musica dei Crime and The City Solution. L’anno il 1987. Mick Harvey è parte integrante di questa riflessione sulla  bellezza.



Il problema, a ben pensarci, è che la bellezza ama crescere tra rovi e spine. Bisogna sfrondare, allora: essere brutali a volte, per incidere sulle incrostazione che la schermano, la rendono opaca. Per liberarne il potenziale, per scatenarne il demone. Offenderla apparentemente, per costringerla a tornare. Iconoclastia: distruggere le immagini. Sfregiarle e offenderle per permettere ad un mondo nuovo di emergere; per far vibrare le armonie assopite dal tempo, dagli stili, dagli schemi, dalle mode. Distruggere per creare. Caos danzante che diventa armonia. Gli anni sono quelli del punk. La band i The Boys next doors, poi diventati The Birthday Party. L’immaginazione è quella profetica e dionisiaca di Nick Cave. L’ispirazione musicale ha nome Mick Harvey. E’ da qui che parte il viaggio alla ricerca della bellezza.




Un viaggio è un’esperienza che non sempre si gode da soli. Ci sono dei passaggi, dei sentieri che è bene battere con anime affini. Perché la ricerca non è sempre semplice: si può rivelare insidiosa, mortale a tratti. Perché bisogna forzare dei limiti, abbattere dei muri, conquistare dei fortini: spingersi oltre il terreno conosciuto, prendere il mare aperto. Allora conta l’equipaggio: non è un gioco da singoli, costruire il mondo dopo averlo raso al suono.Tocca ripristinarne le armonie, rappresentarlo nella sua nuda complessità. Orchestrarne le disarmonie. E’così che si edifica un nuovo suono: un suono che strega, un suono che resta. Così si piantano i semi della musica che sarà. Ed ecco che la bellezza inizia a far riverberare la sua luce: pura e sinistra, avvolgente e tagliente. I semi cattivi danno i loro frutti dorati: ed è necessario coglierli, anche quando ci vengono proibiti. Canzone su canzone, disco su disco, anno per anno. L’equipaggio ha nome The Bad Seeds. La voce che racconta il nuovo mondo è ancora quella di Nick Cave; e Mick Harvey è protagonista anche di questa rivoluzione.





Interi pezzi di strada, invece, si decide di percorrerli da solo. Per scelta, per ispirazione, per caso. Per necessità, a volte. Perché la bellezza è un amante esigente e richiede che le si mostri vis-à-vis di cosa si è capaci. Camminando possiamo imbatterci in compagni di strada occasionali, certo; ma il più delle volte si procede in solitaria, nella valigia chi si è stato, chi si è, chi si sarebbe voluto essere e chi si vorrebbe diventare. Allora accade che la musica si trasforma: il suono si dirama e gemmano nuove possibilità, armonie inattese. Le possibilità d’impiego si aprono: la musica insegue le immagini, come nelle colonne sonore; incontra altri stili e modi nelle collaborazioni; omaggia a miti del passato. Sempre con la fame del cacciatore, però. Sempre con l’occhio attento a scovarla la bellezza: che quella sguscia, brilla un attimo e scompare; è attenta a non farsi ingabbiare. La trovi in in accordo di chitarra, nella dissonanza della voce, nel crepuscolo di un suono che si spegne. La trovi nella musica di Mick Harvey. Potrete sperimentarla stasera, grazie alla collaborazione tra il Godot Art Bistrot e la City Hollers Records, dalle 21.30 nei suggestivi giardini di Villa Di Marzo, ascoltando a cuore aperto. Non mancate. Occasioni così sono rare: non capita tutti i giorni di scambiare occhiate con la bellezza.






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