NAIS Live! // ROYAL BLOOD @ ALCATRAZ – 29 | 03 |15

1 Maggio, 2015

Avere il benestare di un certo Jimmy Page non è roba da poco.
“They’re going to take rock into a new realm”.
E di rock si tratta.
Nudo e crudo, niente effetti speciali, ma tanto, tanto sudore.
L’Alcatraz è stracolmo, l’annullamento dell’ultima ora (per imprecisati motivi di salute) del concerto di Novembre sembra non aver smussato la curiosità del pubblico italiano per il duo britannico.
Le birre sono andate, la sambuca e il rum pure e 1, 2, 3…si parte!
Il riff in puro stile grunge/stoner di “Hole” mette subito le cose in chiaro: non sarà un concerto per fighette.



Nemmeno il tempo di riprendersi e parte una devastante “Come On Over”, il tutto suonato con grande cura e precisione nonostante l’energia profusa da quella che agli occhi e soprattutto alle orecchie dei presenti appare come una vera e propria macchina da guerra rock’n’roll.
Il sound è compatto, pulito ma allo stesso tempo aggressivo e chi, come me, poteva avanzare qualche dubbio sulla resa live di un disco così ben prodotto è stato piacevolmente smentito.
D’altronde, “If they can’t pull it off live, they don’t put it on record”.



Non c’è molto spazio per i convenevoli e così, mentre ormai l’odore intenso di ascelle sudate misto al fumo mi accompagna nella calca (sono ormai sotto il palco), i RB suonano “You Can Be So Cruel” e l’ipnotica “Figure It Out”, con quel riff al bridge suonato con una sola mano che scalda ancor di più il pubblico e testimonia le buone doti di entertainer del frontman Mike Kerr, mentre il finale in cui Ben Tatcher dimezza e picchia duro sulla sua batteria è semplicemente distruttivo.
Ancora un po’ storditi si arriva ad uno dei momenti clou della loro setlist: Little Monster.



Il pubblico cantando a squarciagola scandisce le note del basso neanche fossimo allo stadio!
Quello che colpisce è sicuramente il cantato di Kerr, sospeso tra l’affilato di un Jack White e delicatezze alla Matthew Bellamy, ma sempre molto preciso.
E quei suoni.
Taglienti come rasoiate di chitarra, grossi e grassi come solo un basso sa e può fare.
Per il duo c’è spazio anche per scusarsi dell’assenza di Novembre condendo il tutto con immancabili “fuck” qua e là e Mike ci fa sapere di gradire davvero tanto l’atmosfera dell’Alcatraz.
Vero o meno, sicuramente lo è il fatto che i due inglesini non si fermano mai e così ci trascinano verso un gran finale dove spiccano una gran resa live (ma ormai non stupisce più) di “Ten Tonne Skeleton” e il suo B-side: il gioiellino “One Trick Pony”, dove il basso suonato con un bottleneck(!) ci restituisce nell’intro distortissime e inaspettate sonorità delta blues.



Siamo ormai alla fine, ci vuole il botto.
Ed ecco allora che arriva, con basso e rullante scanditi come fucilate, la tanto attesa “Out of the Black”, dove lo strabordante riff un po’ Fu Manchu scende giù che è un piacere nei nostri timpani.
Ormai è un tripudio, e vedere Ben malmenare la sua batteria stando più tempo in piedi che seduto non fa che alimentarlo.
Un amplesso rock durato poco più di un’ora, ma di un’intensità e una furia tali da far pensare al termine “vi prego basta!” e che lascia una sensazione di sazietà che spesso capita di non provare nemmeno dopo due ore di concerto di artisti ben più “pompati” mediaticamente.
Il finale è scritto e ai due (super)eroi della serata non resta che salutarci, entrambi avvolti nel tricolore italico a mo’ di mantello.
Noi gli perdoniamo la ruffianeria, se si tratta di salvare il rock’n’roll.



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