YOU TALKIN’ TO ME? WHO THE FUCK DO YOU THINK YOU’RE TALKING TO? // Policrom

24 Marzo, 2016

Il prossimo 27 Marzo, a Guardia Sanfrimondi (Bn), si svolgerà il Doxapalooza Spring Set.
La line-up, come sempre, promette una grande serata di musica.
In vista dell’evento, tra una tappa del tour e l’altra, siamo riusciti ad intercettare i Policrom che qualche settimana fa hanno pubblicato il primo album: “La Vita Degli Altri”.


 Ciao ragazzi, rompiamo subito il ghiaccio: chi sono i Policrom?


Siamo Gianluca Errico e Giuseppe Donatiello, due amici che si conoscono da una vita. Siamo stati compagni di banco dall’asilo fino al liceo e ora viviamo a Roma insieme. Tutto è nato quando ci siamo scambiati la cassetta dello Zecchino D’Oro del 1997. E da lì a Brian Eno è un attimo.


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 Come è nata la vostra passione per la musica e perché avete deciso di fare musica?


Non c’è stato un momento preciso in cui abbiamo deciso di fare musica, nessuna storia particolare. I Policrom sono nati come band del liceo senza troppe pretese. Con gli anni il progetto si è evoluto progressivamente fino a definirsi in un modo che non ci aspettavamo e che non avevamo programmato. Quello che stiamo facendo è più che altro il frutto degli ascolti che abbiamo coltivato e che negli ultimi anni, soprattutto da quando ci siamo trasferiti a Roma, si sono indirizzati verso un certo tipo di pop.


bblicato il vostro primo album. Cosa vi ha spinto a incidere “La vita degli altri”?
Sbaglio o il tema del ricordo è al centro di questo disco?


Avevamo un po’ di materiale grezzo su cui lavorare, alcune storie da raccontare e dopo aver conosciuto Marco (Bianchi aka Cosmo, Drink To Me) abbiamo pensato che avrebbe potuto aiutarci a dargli una forma più definita e in linea con le nostre intenzioni.
Sì, il ricordo è centrale in tutto il disco: non avevamo deciso niente di preciso, è venuto fuori senza che ce ne rendessimo conto. Poi quando il disco ha cominciato a prendere forma abbiamo deciso di seguire la scia. “Quali sono i ricordi fondamentali delle vite degli altri?, Quali sono i ricordi dimenticati che continuano ad in fluenzarci? Che fine hanno fatto? Quanti sono i ricordi che l’esperienza ha rimodellato nel tempo?”. Queste sono alcune delle domande che ci hanno orientato nel corso del lavoro.



 Come è cambiata la vostra musica e il vostro modo di fare musica dal primo Ep “Momento”, del 2013, a oggi?


“Momento” è stato il primo esperimento elettronico in duo, la prima volta al computer con i sintetizzatori sotto mano. E’ stato tutto molto spontaneo, grezzo e poco pensato. Con “La vita degli altri” abbiamo cercato di affinarci da questo punto di vista, di fare qualcosa di più consapevole e anche più divertente. In linea di massima il modo di fare musica è rimasto lo stesso: computer, sintetizzatori, vino rosso e ore di lavoro in studio. C’è che adesso si perde meno tempo a far funzionare le macchine come vogliamo e rendere concrete le idee.



Siete di Benevento, ma da qualche anno vivete a Roma.
Che ne pensate della scena romana e di tutto quello che sta dando al panorama indipendente nostrano?
In particolare mi riferisco a quel che è accaduto dalla pubblicazione del primo album de I Cani in poi.


Quando ci siamo trasferiti il primo disco de I Cani era appena uscito, si può dire che quella che ormai chiamiamo “scena romana” sia nata lì. Il fenomeno dei pischelli di Roma Nord si è trasformato in una proposta pop completa – soprattutto con il disco appena uscito – che ha attirato l’attenzione su quello che succede in città.
A noi la scena romana piace molto: Calcutta, i Thegiornalisti e Contessa stanno creando un ponte tra il pop mainstream e quello indipendente che non tutti hanno il coraggio di attraversare. L’ultimo disco dei Thegiornalisti ci ha fatto impazzire.



Quali sono i musicisti che hanno influenzato il vostro sound?


Per “La vita degli altri” i punti di riferimento sono stati quegli artisti che fanno dei campionamenti la colonna portante del loro lavoro, ad esempio Animal Collective, The Field, Me.lle Le Gladiators di Battiato.



Ho avuto il piacere di conoscere Giuseppe ad un seminario universitario.
Si parlava di Dostoevskij e in quella occasione approfondì l’aspetto psicologico dei personaggi del buon vecchio Fedor.
Che rapporto avete con le altre forme d’arte e quanto influenzano la vostra musica?


L’arte ovviamente è fondamentale, insieme alle culture che le stanno dietro. Ad esempio, nel disco c’è tanto Vincenzo Agnetti, un artista milanese ormai tumblerizzato senza troppi complimenti. “Dimenticato a memoria” è una delle sue opere più famose.


 A quale/i film colleghereste la vostra musica? A chi regalereste una colonna sonora?


Ai fratelli Vanzina se in cambio riuscissero a raggiungere di nuovo i picchi degli anni 90’.

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Quali sono gli artisti o gli album recenti che vi hanno maggiormente colpito?


Gli ultimi di Bienoise, Aucan, Oneohtrix Point Never e Iosonouncane.


Per il futuro che avete in mente?


Per ora vogliamo fare più date possibile e portare in giro “La vita degli altri”. Stiamo cominciando a buttare giù alcune idee per il prossimo disco e contiamo sul fatto che il tour ne alimenti altre. Quest’estate cominciamo a lavorarci sul serio.


Siamo ai saluti, su A New Hope Webzine curiamo una rubrica che si chiama Track Of The Day. Consigliate ai nostri lettori un brano a testa.




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